Essere Adolescenti, dinamiche e complessità
Adolescenza dal latino “adolescere” che significa crescere, è una fase della vita in cui, come ormai ben sappiamo tutti, manifestiamo difficoltà di varia natura che non necessariamente hanno carattere di patologia.
È un momento di transizione che passa dall’omologazione con i pari, per arrivare all’età adulta in cui ognuno di noi si individua ovvero struttura la propria identità differenziandosi dall’altro.
Cambiano i rapporti con i genitori, con le altre figure adulte, con i coetanei e con la scuola e iniziano a manifestarsi comportamenti trasgressivi, si hanno difficoltà emotive accompagnate da sbalzi di umore, l’approccio con l’altro sesso si fa più importante e iniziano le prime sperimentazioni. E come ogni nuova cosa che non si conosce, può disorientare, destabilizzare e spaventare. Tutto ciò che definiamo “crisi adolescenziale” altro non è quindi che un normale processo dello sviluppo, l’anticamera della vita adulta fatta di scelte, dilemmi e continui cambiamenti in cui usciamo da quello stato di dipendenza con il genitore, tipico dell’infanzia.
Stessa cosa possiamo dire delle preoccupazioni dei genitori: si tratta di normali reazioni difronte alle difficoltà dei propri figli. I tempi di questa fase variano da persona a persona a seconda dei fattori familiari, socio-culturali e personologici.
Questa crisi nasconde un disagio più profondo, a cui si accompagnano disagi di varia natura, nel momento in cui il naturale processo di cambiamento subisce un blocco: quando iniziano ad emergere comportamenti antisociali, uso di sostanze, difficoltà alimentari, ritiro sociale e disagi nell’affrontare le situazioni di tutti i giorni, il normale aprirsi alla vita viene compromesso con conseguenze spesso drammatiche, se non colte ed affrontate per tempo.
Tuttavia non dobbiamo farci ingannare da un eccesso di equilibrio e apparente maturità perché ciò può significare una finta crescita che porta alla formazione del cosiddetto falso sé, cioè un’immagine di se stesso artefatta che nasconde una profonda fragilità.
Fragilità che spesso si cela anche dietro il fenomeno del bullismo, sempre più diffuso tra gli adolescenti sotto varie forme. In questo caso è importante essere vigili sui segnali che possono indicare una situazione di questo tipo. Solitamente il ragazzo bullizzato improvvisamente chiede di non andare più a scuola, manifesta un’insolita tristezza, paura, insofferenza e difficoltà alimentari.
In questo anno di pandemia in cui le condizioni di vita delle famiglie sono profondamente cambiate, anche il disagio vissuto dagli adolescenti si è amplificato.
In una condizione di forte stress e disregolazione emotiva tra le manifestazioni tipiche di questa fase se ne aggiungono altre legate prettamente alla pandemia e la famiglia gioca un ruolo importante nel regolare l’impatto delle esperienze traumatiche sui più giovani.
L’adolescenza, si sà, è caratterizzata dall’instaurarsi delle prime relazioni affettive e sessuali che, se da una parte contribuiscono alla costruzione della loro identità e del loro benessere psicologico, dall’altra rappresentano momenti delicati. Il distanziamento fisico e le restrizioni non permettono agli adolescenti di sperimentare queste dimensioni e mettono in crisi le relazioni già esistenti. Tutto ciò gli impedisce di svincolarsi dalla famiglia per avventurarsi nel mondo ed individuarsi.
Il forte isolamento che ne deriva li costringe a ritrovarsi da soli con loro stessi investiti da emozioni ambivalenti causando ricadute negative non solo sul piano psicologico, ma anche in relazione al loro rapporto con il proprio corpo ed il proprio peso, dunque con il cibo.
Spesso i ragazzi non riescono ad esprimere il proprio disagio e a chiedere il sostegno di cui hanno bisogno per questo è importante per i genitori non sottovalutare aspetti che per un adulto possono essere sciocchezze, ma che invece per l’adolescente hanno un peso ed un’importanza diversa. Minimizzare i loro vissuti, non accogliere il loro sentire e il loro malessere o in alcuni casi punirli, può lasciare ferite profonde che rischiano di non rimarginarsi. Un ragazzo non compreso e non accolto è un adulto in cerca di quella persona in grado di dargli ciò che non ha ricevuto dalle sue figure di riferimento e che puntualmente andrà incontro alla costante delusione poiché nessuno potrà mai sostituirle o riavvolgere il nastro del tempo.
Dott.ssa Eleonora Cittadino
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